Sempre più spesso il nudo diventa strumento di dissenso. Un fenomeno globale sul quale riflettere, per comprendere le radici di questa modalità espressiva
Si moltiplicano gli episodi di nudismo come forma di protesta. Dai vari angoli del pianeta vengono diffuse immagini di uomini e donne senza veli per dissentire ad un determinato status quo o per rivendicare diritti e libertà. Le motivazioni e i messaggi sottesi a questa forma espressiva possono essere i più disparati ma tutti accomunati da una volontà univoca: quella di far sentire la propria voce.
Nei giorni scorsi l’artista Ai Weiwei ha diffuso un’immagine online intitolata “Una tigre, otto seni”, dove l’architetto cinese è ritratto nudo insieme ad altre quattro donne, anch’esse svestite. L’uomo, noto al mondo intero per essere stato incarcerato con l’accusa di frode fiscale, liberato dopo ben 81 giorni anche grazie alla mobilitazione della comunità internazionale, ha sempre voluto scuotere le coscienze, utilizzando anche metodi poco ortodossi. Additato dalle autorità cinesi come pornografo, Weiwei ha voluto sbeffeggiare i benpensanti del proprio paese, dove la nudità è vista come un tabù, spogliandosi e sorridendo verso l’obiettivo della macchina fotografica. I sostenitori dell’artista hanno così creato un sito web, “I fan della nudità” in cui sono state postate più di un centinaio di immagini di uomini e donne, gente comune e dissidenti famosi, uniti dalla necessità di rivendicare la propria libertà espressiva. Oltre al carcere, Weiwei è stato condannato ad una sanzione di 15 milioni di yuan per presunta evasione fiscale. Per ovviare a questo ulteriore provvedimento nelle ultime settimane è partita una campagna di raccolta fondi che ha accumulato ben 8,45 milioni di yuan, consentendo così all’architetto di fare ricorso contro la mega-multa.
Un fatto analogo si è registrato in Egitto, teatro in questi giorni di scontri violenti. La studentessa Aliaa Magda el Mahdy (Loleeta) ha pubblicato in Rete una sua immagine senza veli. La foto, in bianco e nero, in cui le uniche note di colore sono il rosso delle scarpe e del fiore fra i capelli e il giallo che copre le parti intime, la bocca e gli occhi, ha fatto il giro del mondo, scatenando il putiferio. La giovane ha posato nuda con l’intento di ribellarsi alla società egiziana da lei definita “violenta, razzista e sessista”, affermando di non aver commesso nessuna trasgressione, ma di essersi ispirata “a modelli nudi che posavano alla facoltà di Belle Arti del Cairo, negli anni’70″. Ha inoltre scritto sul proprio blog “Guardatevi nello specchio. Perché detestate il vostro corpo? Dovete avere dei problemi con la vostra sessualità”. A propagare un gesto così forte per la comunità musulmana hanno contribuito una cinquantina di attiviste israeliane, messesi a nudo nel corso della manifestazione “Amore senza confini”, attraverso cui hanno sottolineato la necessità impellente di abolire le barriere e le differenze. L’ideatrice della protesta si chiama Or Tepler e racconta di aver sentito il bisogno urgente di appoggiare la protesta di Aliaa: “Credo che quando una donna liberale e di mente aperta non può esprimere se stessa al Cairo e riceve minacce dal proprio stato, io debba assicurarle la mia solidarietà”.
Gli episodi di nudismo si diffondono a macchia d’olio e per le ragioni più disparate: In Ucraina giovani donne si spogliano per protestare contro la visita di Vladimir Putin; a Bogotà, in Colombia, alcune modelle hanno sfilato senza veli per le strade per opporsi all’inquinamento crescente; in Perù in centinaia hanno girato nudi in bicicletta per chiedere alle amministrazioni più piste ciclabili; gli attivisti di Greenpeace si sono ribellati al surriscaldamento globale e lo scioglimento dei ghiacciai sfilando svestiti per le strade.
Quali che siano le motivazioni (diritti umani, libertà individuale, salvaguardia ambientale) il nudo è il leit motiv che accomuna tutte queste esperienze di protesta. Nonostante il fatto che gli individui coinvolti in questa modalità espressiva provengano da realtà molto diverse e lontane, l’effetto dirompente che il nudismo genera rimane lo stesso.
Ma perché spogliarsi per far valere determinati diritti? Innanzitutto per catalizzare l’attenzione, poi per rivendicare l’assenza di differenze, o al contrario esaltare l’unicità. Mettersi a nudo significa utilizzare il corpo come altoparlante, renderlo strumento di comunicazione, abolendo in questo modo tutti i retaggi culturali, i limiti, i divieti e le imposizioni, creando un terreno uguale per tutti, in cui ognuno possa far valere la propria esperienza umana. Paradossalmente il nudismo è capace di esaltare le differenze e le similitudini, generando una sorta di meta-linguaggio universale in cui il diverso e l’uguale si sovrappongono.
Laddove non arrivano le parole e i gesti, il corpo diventa protagonista e si riappropria della libertà perduta. E come scrisse Nicolás Gómez Dávila “Un corpo nudo risolve tutti i problemi dell’universo”.